Intervento sul tema del triage in emergenza sanitaria

di Luisa Ferrari

Il tema delle scelte da affrontare in caso di emergenza /crisi sanitaria, che sembrava essere di pertinenza delle zone di guerra per quanto concerne la discrezionalità decisionale degli operatori sanitari, è piombato in mezzo a noi a partire dal mese di marzo 2020. Il documento SIAARTI (6 marzo) ha suscitato scalpore per la crudezza delle raccomandazioni proposte, ha fatto insorgere giuristi e costituzionalisti, ha reso necessaria, a un mese di distanza, l’emanazione del parere del CNB – Consiglio Nazionale per la Bioetica (8 aprile). Poi, come spesso capita, a emergenza superata, si è rimandato ad altro tempo un dibattito che dovrebbe invece radicarsi nelle coscienze di tutti.

A ottobre (30 ottobre) la nuova ondata epidemica ha indotto SIAARTI e FNOMCEO a riprendere la questione con una volontà di più ampio respiro, sottolineando come i principi generali (uguaglianza dei cittadini, dignità della persona, rispetto dell’autodeterminazione ecc.) debbano essere declinati caso per caso e siano di stretta pertinenza dei medici che operano la scelta. Come cittadina, ma anche come ex insegnante che ha condotto diversi progetti di Bioetica con gli studenti, mi sono chiesta come affronterei tale questione con loro, oggi, con situazioni drammatiche che potrebbero coinvolgere le loro famiglie.

Dal momento che nel contesto scolastico il tema della giustizia è molto delicato, perché si sa che i giovani hanno le antenne dritte e sono pronti a puntare il dito, lavorerei con loro a stilare dei criteri generali, una sorta di scala di valori che, declinati poi sicuramente caso per caso, costituiscano tuttavia uno specchio di trasparenza a cui ispirarsi.

1) Gravità dello stato morboso del paziente in entrata nella struttura

2) Presenza di altre patologie immediatamente verificabili

3) Grado di coscienza del paziente (sua possibilità effettiva di interagire con il personale sanitario)

4) Conoscenza di cure pregresse a cui il paziente sia sottoposto

5) Possibilità concreta di reazione positiva alle cure da somministrare verificate le condizioni  precedenti (appropriatezza – proporzionalità)

6) L’esito incerto delle cure data la gravità dello stato del paziente supportato tuttavia da forma fisica adeguata (tonicità muscolare, reattività agli stimoli ecc.) e condizione emotiva soddisfacente (relativa calma, fiducia nelle proprie possibilità di guarigione ecc.)

7) Presenza di disposizioni anticipate di trattamento depositate (di cui si può avere conoscenza attraverso il paziente stesso o interpellando, pur a distanza, la famiglia); e/o dichiarazione estemporanea di volontà all’atto del ricovero

Questi primi sette punti sarebbero a mio avviso classificabili come “criteri clinici”; a seguire tre “criteri extraclinici”.

8) Età del paziente (in realtà questo è un criterio di confine)

9) Speranza di vita una volta applicato il presidio medico, da intendersi non meramente come numero di anni da vivere, ma come qualità futura della vita

10) Posizione/rilevanza familiare/sociale del paziente

Tale Scala, opportunamente vagliata, ampliata, emendata, dovrebbe scaturire dal lavoro di una commissione interdisciplinare (medici di diverse specialità, bioeticisti, giuristi, studiosi di Intelligenza Artificiale con l’obiettivo di costruire un algoritmo che supporti la gravità/responsabilità delle decisioni).

3 pensieri riguardo “Intervento sul tema del triage in emergenza sanitaria

  1. Già questi primi articoli letti oggi mi sono piaciuti molto. Grazie per chi si è impegnato in questo progetto e complimenti per la realizzazione del sito… mi sembra di capire che c’è lo zampino di Elisa e Michele!

  2. Ho letto con interesse il contributo di Luisa Ferrari che prospetta una strada, inevitabilmente complessa, per affrontare un problema complesso. Molti dei criteri valutativi (in particolare quelli clinici) sono ampiamente condivisi ed utilizzati da chi ha affrontato il problema. A tale proposito segnalo l’ultimo documento della SIAARTI del 13/01/21 che, a mio parere, ha il pregio di proporre non solo dei criteri “teorici” ma anche strumenti utilizzabili nella pratica concreta per pesare ed integrare tra loro tali criteri. Confesso però che l’ultimo dei criteri “10) Posizione/rilevanza familiare/sociale del paziente” che leggo nel post mi pare problematico sia dal punto di vista teorico sia da quello applicativo. Mi chiedo se sia corretto ritenere più meritevole di rianimazione (tanto per fare un esempio) il Sindaco di un comune rispetto al Messo comunale. Mi chiedo inoltre quale criterio possa essere individuato per valutare le diverse rilevanze sociali (più rilevante un maresciallo dei carabinieri o un insegnante di scuola primaria?) o quelle familiari. Infine non mi è chiaro con quale peso il criterio della rilevanza sociale debba essere integrato con quelli clinici.

    1. Interpellata dal dottor Carlo Mantovani, che ringrazio per aver mostrato interesse al mio intervento, cercherò di precisare meglio alcune questioni da me sollevate.
      Premetto che le mie considerazioni e le proposte contenute nel post sul triage in emergenza sanitaria derivano principalmente dal mio passato ruolo di insegnante, con il compito di affrontare con gli allievi le questioni etiche più importanti del nostro tempo ma anche, talvolta, imbarazzanti sul piano delle decisioni a cui siamo chiamati, non solo come addetti ai lavori, ma più in generale come cittadini.
      Le considerazioni sull’età, ad esempio, sottratte alla brutalità del dato tout court, riportano alla questione del criterio clinico o extra-clinico: se ad esempio arrivano al triage due anziani di 80 anni, uno che ha avuto una vita facile e agiata e può contare su un supporto familiare di assistenza, un altro che ha lavorato in una fabbrica metalmeccanica, con il fisico palesemente usurato e poca possibilità di assistenza familiare e/o sociale, escludendo il secondo dal trattamento, perché ha minori possibilità di ripresa, di anni da vivere e di qualità della vita, non si compie un atto di ingiustizia sociale? E ancora non si decreta a tutti gli effetti l’irrompere dell’extra-clinico sui criteri clinici?
      Un caso diverso invece è quello in cui ci si interroghi sul ruolo sociale del paziente che giunge al triage in grave sofferenza, alla pari con un altro paziente con il quale condivide tutte le condizioni cliniche, ma dal quale è separato per ruolo sociale: è il sindaco della città, o è il primario di un reparto dello stesso ospedale, oppure è un famoso uomo di spettacolo ecc., mentre l’altro è un messo comunale, o un infermiere dello stesso ospedale, o un insegnante di scuola elementare. C’è un solo posto in terapia intensiva e le condizioni di entrambi non consentono lo spostamento in altra struttura: come ci si comporta? Il dilemma non contiene, anche se in modo diverso dal caso precedente, una necessità di decidere attivando un criterio extra-clinico?
      Ancora un esempio, questa volta sulla rilevanza di tipo familiare: arrivano al triage due donne, entrambe in gravi condizioni, più o meno della stessa età, ma una è madre di tre figli, con un impegno familiare molto gravoso, la sua mancanza sarebbe fonte di disorientamento totale per coniuge e figli; l’altra è una single abituata a gestire la sua vita in totale autonomia, certamente con impegni affettivi, ma non così stringenti? Come effettuare la scelta, ancora una volta l’extra-clinico fa irruzione a scombinare i criteri clinici?

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