Giuridicamente, per evitare reati colposi (non dolosi) è necessario che il professionista (medico, infermiere ecc.) dimostri di aver adottato tutti gli atti “tecnici” e “organizzativi” finalizzati a prevenire ed evitare eventuali errori.
Il professionista ha l’onere di dimostrare una preparazione scientifica e organizzativa e di avere agito con competenza in scienza e coscienza.
Un rischio di errore può determinarsi quando il professionista è troppo sicuro di sé e adotta atti e provvedimenti automatici determinati dalla routine.
Il professionista non deve sempre adottare automatismi dettati dai “protocolli” ma porre in essere gli atti e i provvedimenti “caso per caso”.
Il professionista deve porre in essere le proprie valutazioni non solo nell’ambito delle proprie specializzazioni ma valutare il paziente nella sua interezza e complessità individuale.
Nell’affrontare la problematica sanitaria il professionista deve entrare in empatia col paziente tenendo conto delle sue dinamiche psicologiche, valoriali e di sensibilità, informarlo rendendolo pienamente consapevole delle terapie, delle prestazioni e degli esami diagnostici (dialogando con lui non facendogli solo firmare un mero “modulo di consenso informato”) facendogli ben comprendere rischi, benefici e finalità.
Comportamenti etici evitano conseguenze giuridiche e di coscienza.
La moralità di comportamento e umanità determinano fiducia avvalorando quella “tecnica”.
Vi è un’alea alcune volte imprevedibile che determina errori, in questo caso vanno specificatamente verificati i fatti a discolpa giuridica e di risposta alla propria coscienza.