Il giornale delle idee controverse
Lo scorso 25 aprile è uscito il primo numero di una nuova rivista accademica, interdisciplinare e peer-reviewed, il Journal of controversial ideas[i]. Il giornale si propone di “pubblicare articoli che possano far progredire la conoscenza e promuovere la libera ricerca e l’argomentazione razionale” in vari campi del sapere. I tre editori del nuovo magazine, Jeff Mahan, Francesca Minerva e Peter Singer sono filosofi ben conosciuti, che si occupano di etica normativa e applicata, in particolare in campo bioetico.
L’anonimato e il barone d’Holbach
L’idea probabilmente più controversa è quella presentata nella pagina di benvenuto, dove si legge che “la rivista offre agli autori la possibilità di pubblicare i loro articoli con uno pseudonimo, al fine di proteggersi dalle minacce alla loro carriera o alla propria sicurezza fisica”. Di primo acchito, lo confesso, la cosa mi ha fatto sorridere. Mi sono venuti in mente i libertini che nel Seicento firmavano i frontespizi dei propri pamphlet con il nome di autori morti da tempo, per non incorrere nelle attenzioni dell’Inquisizione. E ho pensato a Paul Heinrich Dietrich, barone d’Holbach, che non sottoscrisse – rinunciando alla fama ma esprimendo per intero ciò di cui era convinto – Le Système de la Nature e Le bon sens, manifesti del materialismo dalla connotazione fortemente antireligiosa.
La posta in gioco
Subito dopo, però, mi sono reso conto che non vi è niente da ridere. Almeno due dei tre editori (per quanto è di pubblica conoscenza) hanno in passato ricevuto gravi minacce a causa del contenuto delle idee formulate nei loro scritti. E non è improbabile che alcuni di coloro che desiderano accedere a una carriera accademica o migliorare la propria posizione professionale possano essere inibiti nel manifestare in modo trasparente le proprie argomentazioni controverse o le proprie tesi fortemente innovative. Da questo punto di vista, nell’interesse dell’avanzamento della ricerca, potrebbe essere davvero utile un giornale che “non è affiliato ad alcuna istituzione e non supporta credenze o dottrine diverse dalla libertà di pensiero e di espressione” e che, in alcuni casi, si avvale dell’anonimato degli autori, come mezzo per promuoverne la possibilità di esprimersi liberamente.
Anonimato e responsabilità
Tuttavia, un’obiezione a questa dirompente scelta editoriale riguarda il tema della responsabilità. Come è stato notato, “il problema è che l’indagine accademica non si svolge nel vuoto. Parlare, scrivere e pubblicare rappresentano delle azioni e quindi sono soggette a valutazione morale come qualsiasi altra azione … la pratica della ricerca, per quanto innocentemente possa essere intesa, ha effetti che i ricercatori non possono semplicemente scrollarsi di dosso. L’uso di uno pseudonimo potrebbe proteggere dall’essere incolpato per questi effetti. Ma non cambia la loro responsabilità”[ii]. Da un certo punto di vista, quindi, l’anonimato potrebbe fare in modo che la ricerca applicata si spinga oltre certi limiti, al di là dei quali essa può avere effetti dannosi prevedibili. Questi limiti, forse, non sarebbero superati se l’anonimato non fosse consentito.
Tolleranza verso le idee controverse
Nel primo numero del magazine, solo tre articoli su dieci sono stati firmati con pseudonimi. Infatti, la nuova rivista non prevede che tutti gli articoli debbano essere anonimi, ma – al contrario – incoraggia anche le presentazioni standard che utilizzano i nomi effettivi degli autori.
Se il Journal of controversial ideas continuerà a pubblicare lavori che contengono idee controverse, il rapporto fra il numero di articoli anonimi e il numero di articoli debitamente firmati potrebbe costituire una sorta di “indice di tolleranza” da parte dell’accademia e della società nel suo insieme nei confronti della libertà di espressione filosofica. Si spera che questo rapporto possa tendere verso lo zero.
[i] https://journalofcontroversialideas.org/
[ii] https://theconversation.com/safe-space-or-shirking-accountability-a-new-journal-of-controversial-ideas-will-allow-academics-to-write-under-pseudonyms-159433