I temi della giornata di studio hanno riguardato il consenso informato, la legge 219/2017 e infine l’assistenza alla morte volontaria.
Maurizio Mori, direttore della scuola, ha introdotto il lavori, presentando Donata Lenzi, che fu relatrice alla Camera dei Deputati della legge sul consenso informato e sulle direttive anticipate di trattamento (DAT). Mori ha sottolineato i motivi di importanza della legge, anche come quadro in cui ragionare sul fine vita.
La legge sul consenso informato e sulle direttive anticipate di trattamento (DAT)
Nel suo intervento, Donata Lenzi ha ripercorso brevemente il cammino della legge 219/2017. La legge muove dai dettati della Costituzione italiana, e mette radicalmente in discussione il paternalismo medico. Secondo la relatrice, la 219/2017 prevede un cambiamento del rapporto medico-paziente, in cui avviene ora l’incontro di due autonomie (quella di decidere del paziente e quella professionale e legata alla responsabilità legale delle scelte del medico). In questo incontro-relazione, secondo Lenzi, è superata la logica del contratto anglosassone.
La relatrice ha voluto sottolineare che questa legge parte dalla vita e non dalla morte e che l’eventuale rifiuto o la revoca del consenso a trattamenti vitali non si configura mai come eutanasia. Di conseguenza, i due ambiti (eutanasia e rifiuto delle cure/revoca del consenso alla cure) devono essere tenuti chiaramente distinti.
La legge prevede anche che ogni cittadino maggiorenne possa esprimere le proprie direttive anticipate di trattamento (DAT) per quando non sarà più in grado di accordare o rifiutare il consenso alle cure. Nell’ampia discussione che è seguita ci si è interrogati sui motivi per cui, nonostante la legge ne preveda la possibilità, il numero delle persone che in Italia hanno effettivamente depositato le DAT rimane molto basso (meno dell’1%).
I nodi critici della legge 219/2107
Alessandro Negroni, filosofo del diritto, ha discusso l’importanza giuridica e sociale della Legge Lenzi, anche mettendone in rilievo alcune presunte criticità. Ad esempio il ruolo dell’amministratore di sostegno, già previsto dalle normative precedenti, alla luce della 219/2017.
Francesca Girardi, avvocato e componente del direttivo della Consulta di Bioetica, sviluppando la suggestione iniziale di Mori, ha sostenuto che la legge 219/2017 va pensata come un ponte verso il futuro. Un futuro in cui la possibilità di autodeterminarsi si declini in modo più compiuto rispetto alle varie possibilità di scelta di fine vita. Argomentando, ha ricordato la dottrina della gerarchia delle fonti del diritto, secondo cui la norma deontologica (nel caso specifico, quanto contenuto nel codice di deontologia medica) non può che interpretare la legge, senza avere di per sé alcuna valenza giuridica.
Ai nodi critici dell’applicazione della legge nella pratica clinica è stata dedicata la relazione di Davide Mazzon, medico rianimatore e anch’egli componente del direttivo della Consulta di Bioetica. Fra gli altri argomenti, ha trattato sia il ruolo dei familiari quando il loro congiunto è divenuto incapace, che il valore decisivo delle direttive anticipate di trattamento. I familiari, secondo Mazzon, non devono mai sostituirsi nelle decisioni al congiunto incapace, ma sono invece chiamati a fornire elementi circa il suo stile di vita e i suoi desideranda.
Quanto al valore vincolante delle DAT, che sono per definizione disposizioni date ora per allora, il relatore ritiene che debbano sempre essere onorate, tenendo conto dell’ultima volontà consapevole del paziente. Non è, purtroppo, quello che talvolta avviene nella pratica clinica! Mazzon ha presentato la suggestiva e inquietante similitudine del nastro trasportatore, ove il paziente incompetente – una volta salito – non può più scendere, andando incontro a interventi di diagnosi e di cura di intensità crescente.
Eutanasia: perché deve essere consentita.
Il filosofo Demetrio Neri ha sviluppato la tesi secondo cui il diritto di decidere la propria fine si radica sul diritto di gestire la propria vita e si estende alla richiesta della buona morte. Alla base della liceità dell’eutanasia sta quindi il rispetto per l’autonomia. Esso, secondo Neri, rappresenta anche il principio che rende il diritto di decidere la propria fine eticamente esigibile[i].
Johannes Agterberg, consigliere dell’Associazione Luca Coscioni, Olandese da anni residente in Italia, si è definito “un contabile in pensione”. Con la precisione del contabile, e con afflato civile, ha sintetizzato le tappe che hanno portato alla legge olandese sull’eutanasia del 2001, ne ha spiegato l’impianto e ne ha mostrato i risultati. Attualmente, nei Paesi Bassi, circa il 4% di tutti i decessi avviene in seguito ad esplicita richiesta del paziente, con assistenza medica e nel rispetto della legge[ii].
[i] Per seguire i passaggi argomentativi della tesi di Demetrio Neri si rimanda al post dell’Autore su questo sito. https://bioeticadiprova.wordpress.com/2021/07/16/il-diritto-di-decidere-la-propria-fine/
[ii] Un’autentica miniera di informazioni sull’eutanasia in Olanda (anche con la traduzione in italiano di numerosi documenti originali in olandese) si può trovare sul sito di Johannes Agterberg https://www.finevitavolontario.it/ e nei suoi due libri (Libertà di decidere e Fine-vita volontario in Olanda, entrambi pubblicati da New Press).