Ringrazio il dr. Patrizio Conte per l’attenzione dedicata al Comunicato stampa che come Presidente della Consulta di Bioetica Onlus ho fatto per criticare la posizione espressa il 27 settembre dal papa di Roma, Francesco. La nostra è una piccola Associazione culturale che promuove l’etica laica, e col Comunicato ho voluto far sentire una voce di netto dissenso circa parole irricevibili.
Per quanto riguarda la forma, sono contento che il dr. Conte riconosca almeno che quelle usate da Francesco sono “espressioni forti”, ma forse dovrebbe aggiungere anche che sono sbagliate e fuori luogo. È vero che mi hanno “scosso”, ma non perché sono arrivate “a segno” circa l’oggetto, ma perché pronunciandole Francesco ha svalutato il ruolo, cioè ha depauperato il più profondo livello istituzionale. I ruoli non sono più sacri e intoccabili, ma valgono fintanto che chi li ricopre è all’altezza del compito: altrimenti si sviliscono e decadono. Usando quelle espressioni Francesco sgretola un ruolo che prima di lui ha goduto di antico prestigio: questo mi ha colpito.
La ragione è la seguente: in italiano “sicario” è l’esecutore prezzolato di un assassinio. Ma le pare, Dr. Conte, che siano “prezzolati” i medici non obiettori che nel SSN gratuitamente interrompono la gravidanza di donne che lo richiedono? Il termine “sicario” è un insulto all’intelligenza e alle persone, è inappropriato e non ha scuse né scusanti. Chi occupa ruoli apicali non dove permettersi di offendere gratuitamente chi presta un servizio a donne spesso in gravi difficoltà. Queste offese gratuite portano anche a mettere in dubbio che al centro del magistero di Francesco ci sia davvero la misericordia, o fanno pensare che essa sia alternante.
Se passiamo alle parole circa l’eutanasia la situazione è anche peggio: ma le pare, dr. Conte, che si possa dire in un discorso ufficiale che intenzionalmente e per risparmiare i medici danno solo la metà dei farmaci richiesti per praticare l’eutanasia “nascosta”, cioè far morire le persone? Va bene il rispetto per il ruolo come per chiunque, ma …. quelle parole sono al di là di ogni ragionevolezza. Pensi un po’ a quanti danni provocano nelle persone semplici che si fidano della presunta autorevolezza del ruolo! A me pare che i primi a protestare dovreste essere proprio voi cattolici, voi medici cattolici, perché quelle sono davvero parole al vento, anche se pronunciate da un papa.
Per quanto riguarda la sostanza, invece, apprezzo che Lei abbia correttamente evitato di usare la parola “omicidio”, “assassinio” o similari, e abbia preferito parlare di “sconfitta per la mamma, per il papà e per tutti noi come società”. Sono sicuro che la scelta del temine sia ponderata, e mi pare sia opportuna perché consente di aprire il dibattito sul punto: in che senso l’aborto sarebbe una “sconfitta”? Non è questo uno dei tanti luoghi comuni che si ripetono quasi in automatico senza sapere bene il perché? Perché non dire invece che è una conquista della donna che controlla la riproduzione, e della società che finalmente riconosce le scelte autonome della donna?
So bene che il problema è grande, e che non può essere esaurito in poche battute. Forse ci si può tornare con una riflessione dedicata. Come spunto di riflessione mi permetto di ricordare qui un fatto recente che credo sia di notevole importanza: il 16 settembre 2021 il Parlamento Europeo ha approvato a larga maggioranza (427 a favore, 119 contro e 140 astenuti: 427 vs. 259) una Risoluzione sul “Riconoscimento della violenza di genere come nuova fattispecie di reato” in cui al n. 39 si afferma che “la coercizione riproduttiva e la negazione di un’assistenza all’aborto sicuro e legale costituiscono anch’esse una forma di violenza di genere”. Poche dense parole per dire che in Europa non avere una legge che consenta l’aborto medicalmente assistito è una forma di violenza di genere al pari della “coercizione riproduttiva”, che tutti riconosciamo essere una “sconfitta”. Sono sicuro che il dr. Conte (e con lui tutti i lettori) colga subito l’importanza cruciale del passaggio.
È a partire da considerazioni come questa che bisogna riflettere: tra altre cose la Rivoluzione biomedica ci consente di controllare il processo riproduttivo, e ci dobbiamo chiedere se tale controllo sia un’opportunità di autorealizzazione individuale e sociale o invece sia un atto di hybris destinato al fallimento e alla sconfitta.
Condivido la risposta di Maurizio Mori, in particolare la sua difesa dei medici non obiettori: non solo prestano gratuitamente la loro opera ma sono spesso discriminati dovendo rinunciare ad attività più “ prestigiose” , costretti a lavorare in orari e situazioni sgradevoli ( per me era normale saltare il pranzo perché la seduta IVG era nell’intervallo di mezzogiorno oppure dover rimanere in ospedale oltre il mio orario di lavoro perché era tutto rimandato alla fine di sedute operatorie più importanti).
Ho sempre pensato che i medici obiettori di coscienza dovrebbero impegnarsi in qualche altra attività per compensare tutto il lavoro a cui rinunciano e che “ scaricano” sui pochi non obiettori ( spesso 1 solo in tutto il reparto).
Paola Scolari
Come socia della Consulta di Bioetica, che si è impegnata da anni in importanti battaglie per la diffusione della cultura laica e razionalista, appoggio pienamente quanto scritto dal professor Mori in data odierna. Sottolineo che le questioni sollevate dal pontefice non sono soltanto fonte di dissenso sul piano ideologico, fin qui nulla sarebbe da obiettare, in quanto ogni pronunciamento pubblico fa riferimento al proprio sistema di valori e non stupisce certo che la Chiesa cattolica sia contraria all’aborto e all’eutanasia. Quello che giustamente è stato definito “irricevibile” dal professor Mori è il tono usato dal pontefice, una sorta di anatema che colpisce le coscienze per la violenza delle parole e l’assertività del giudizio. Si era detto ultimamente che la frattura tra bioetica laica e bioetica cattolica non aveva più ragion d’essere, che molta strada era stata fatta e che era giunto il tempo di avviare un tentativo di conciliazione che, pur non cancellando i differenti sistemi di valori, avviasse un percorso di riavvicinamento tenendo come faro comune il rispetto dei diritti, la considerazione del dolore che deriva all’umano quando non vengano riconosciuti i limiti imposti da situazioni intollerabili a condurre un’esistenza degna di essere vissuta (gravidanze indesiderate, condizioni di potenziale emarginazione sociale e culturale quando le scelte non vengano attuate in autonomia, condizioni infernali di malati giunti alla fase finale dell’esistenza ecc.). Come ex insegnante sono rimasta colpita proprio dal linguaggio utilizzato dal pontefice, così lontano da quella “misericordia” che sembrava improntare altri suoi pronunciamenti.