Intelligenza artificiale e basi etiche della nuova economia sostenuta dal programma Next Generation EU

– di Fiorello Casi –

L’Unione Europea, sin dalla sua nascita, ha dato un grande importanza ai riferimenti morali in tutti gli ambiti della sua competenza. Anche in ambito economico richiese, sin dalle sue prime direttive – per tutti i bandi relativi ai finanziamenti – l’indicazione chiara e circostanziata degli obiettivi che si volevano raggiungere e dei mezzi utilizzati; e tali requisiti richiesti erano tenuti insieme dai valori che a quel tempo si richiamavano al principio etico cristiano. Soprattutto quello di attenzione alla cura “dell’altro”. La  coerenza con la morale Kantiana, riguardo il rispetto dei diritti individuali e collettivi, e la verifica critica dei risultati ottenuti, con un chiaro riferimento all’etica utilitaristica, completavano poi l’apparato concettuale di riferimento.

E tali riferimenti morali, sino agli anni ’90 del secolo scorso – ancora parte di  una visione  antropocentrica – erano i punti di riferimento del diritto positivo comunitario.

Ma con il progredire delle conoscenze scientifiche degli ultimi decenni e le spesso inedite esperienze a livello sociale, culturale e economico, che ne derivano dalla loro diffusione e distribuzione nella società (occidentale), hanno evidenziato sempre di più le nuove tensioni e i pericoli che tali innovazioni recano con sé. Il cambiamento climatico, la riduzione della biodiversità ed i rischi di pandemie dovute alla globalizzazione; mentre le scoperte dei processi evolutivi biologici, lo studio del patrimonio genetico e del sistema nervoso rilevano sempre più la continuità biologica e le interazioni tra le specie biologiche presenti.

Tutto ciò ha via via determinato il sorgere di una nuova riflessione critica sull’antropocentrismo  e sul modo con cui si è sviluppata ed è cresciuta la narrazione sullo sviluppo delle nostre società, della nostra storia, e quindi delle modalità con le quali abbiamo immaginato e previsto il futuro.

E’ ormai un argomento di un diffuso dibattito di come si sia in presenza di una transizione storica senza precedenti; infatti per la prima volta nella storia del pianeta, l’Intelligenza biologica (noi) è in procinto di creare a sua volta un’intelligenza artificiale e connettersi ad essa.

Integrando intelligenza biologica e intelligenza artificiale (le macchine) sarà possibile (in parte lo è già) espandere i confini cognitivi della nostra specie e in qualche modo interrompere il monopolio biologico sulla conoscenza della realtà troppo spesso influenzato da quello che ormai molti addetti ai lavori indicano col nome di  “paleo-cervello”.

Un’ampia gamma di settori come lo studio sui cambiamenti climatici, la salute, la produzione di nuove cure e nuovi farmaci, l’agricoltura, la produzione e la distribuzione degli alimenti, il controllo e la gestione dei rischi in tutte le aree critiche delle attività umane, tutto questo e molto altro trarrà beneficio da una Intelligenza Artificiale (I.A.) che si affiancherà a quella umana, con una centralità nella sua esistenza mai esplorata in epoche precedenti. Per questa ragione diventa urgente la necessità di elaborare un nuovo statuto ontologico che concorra a progettare strumenti sempre aggiornati di garanzia circa l’affidabilità dell’ I.A.

In ambito europeo questa politica, volta a perseguire queste garanzie, passa attraverso l’attenzione, sempre più estesa e articolata, di strumenti tecnici, tecnologici e filosofici riguardo la generazione,  il drenaggio e l’utilizzo dei dati scientificamente sempre più accurati, da parte di soggetti indipendenti- le aziende, in particolare le  corporation – con l’utilizzo di algoritmi resi sempre più trasparenti e quindi potenzialmente condivisibili con la pubblica opinione; è questa la strada e il metodo con cui l’Europa oggi persegue la capacità previsionale e gestionale necessarie per affrontare la complessità del mondo produttivo, scientifico, economico e sociale.

Gli obiettivi del programma europeo della “Next Generation”, individuati per contrastare la pandemia, provano ad immaginare, infatti, un futuro diverso investendo risorse per la costruzione di un nuovo mercato basato sulla sostenibilità sociale, ambientale, la parità di genere al cui centro ci sia l’utilizzo dell’ I.A., con la progressiva digitalizzazione di tutti i settori sopra elencati.

Tutto ciò ha provocato un fatale e molto veloce (rispetto al passato) passaggio storico, in quanto negli ultimi venti anni si è assistito ad un progressivo ma inesorabile cambiamento della sensibilità etica, che ha viaggiato di pari passo con le rapidissime evoluzioni delle realizzazioni scientifiche e tecnologiche; si pensi alla prima sequenzializzazione del genoma umano (fine anni ’90) e alle ultime applicazioni del “Machine” e “deep learning”.

E di quanto i tempi e le condizioni sociali e quindi culturali, siano mutate velocemente, lo dimostra in buona parte il fatto che oggi, nella produzione normativa europea, si assiste alla ispirazione e al completo riferimento all’etica della responsabilità;  dovei riferimenti etici precedenti ( cristiani, kantiani e utilitaristici) continuano a vivere ma solamente al suo interno; come la teoria del paradigma ci insegna.

Quindi é l’etica della responsabilità (con buona pace del Prof. Weber) il nuovo punto di riferimento ispiratore, per tutte le considerazioni che dovrà sovraintendere il nuovo mercato.

Tutto ciò, per buona parte, nasce dalla crescente conoscenza e consapevolezza dei limiti della realtà nella quale viviamo, tenuta insieme da delicati equilibri sostenuti da leggi fisiche, chimiche e biologiche tra loro interconnesse, la cui marcata e persistente alterazione può determinare la consunzione della stessa vita e della coscienza di essa; che è l’uomo.

Dobbiamo sforzarci di vedere nuove prospettive a fronte di conoscenze inedite in campo scientifico; non è corretto, ad esempio,  processare nuovi assetti sociali, economici e culturali con modelli culturali antecedenti allo stato attuale, per quanto profondi e organizzati siano stati. Un esempio di questo sforzo culturale può essere la considerazione circa il fatto che non risponde completamente al vero, o non è un valore assoluto, che si ragioni esclusivamente o quasi sulle nostre età anagrafiche, questo è certamente necessario a livello individuale; tuttavia dobbiamo espandere la nostra coscienza e abbracciare l’idea che in determinati contesti,  noi uomini non abbiamo solo 20, 30 o 60 anni; è necessario quindi assumere che le cellule che compongono il nostro corpo e quello di tutti gli organismi viventi, hanno più di 4 miliardi di anni.

Il progresso scientifico ci ha consentito già da diversi anni, di venire a conoscenza del fatto che il patrimonio genetico della specie umana, ad esempio, possiede una “overlapping” col 60% di geni col frutto della banana, il 90% al corallo e il 98% lo condivide con lo scimpanzé; ci attende, già ora, la sfida di cosa ne faremo di queste informazioni e queste conoscenze; infatti dovremo trovare nuove vie per continuare ad essere protagonisti della storia del mondo.

Oggi sappiamo, anche più diffusamente rispetto a pochi anni fa, che nel nostro DNA sono presenti pezzi del patrimonio genetico di vari virus e che, probabilmente, proprio questi ultimi hanno contribuito a dare un vantaggio e un impulso competitivo nell’evoluzione e sopravvivenza alla nostra specie.

Siamo sulla stessa barca e siamo fatti della stessa sostanza di tutti gli esseri viventi, frutto di un processo evolutivo violento, che è ancora ben presente – dice la scienza – nel nostro paleo- cervello ed esposti agli stessi rischi di tutti gli altri esseri.

Condividiamo tutti gli stessi pericoli: la mancanza di acqua, dell’alimentazione specifica, dell’ossigeno, gli importanti sbalzi termici, l’aumento dell’esposizione ai raggi ultravioletti, ecc. 

Tutte le specie biologiche del pianeta sono a rischio, e questi nuovi contesti ambientali determinano e favoriranno sempre più la comparsa di nuovi scenari di competizioni tra i vari patrimoni genetici; e non è scontato che sia la specie umana ad essere ancora vincente.

La terra ha già vissuto quattro grandi catastrofi che hanno cancellato milioni di specie, ma la grande biodiversità, presente sul pianeta, ha permesso fino a oggi la continuazione della vita consentendo al genere umano di sorgere da queste catastrofi e iniziare il percorso di evoluzione della nostra specie; molto probabilmente l’unica specie esistita con lo sviluppo di una intelligenza specifica, consentendo lo sviluppo di una coscienza e facendone di essa un meraviglioso ( in senso leopardiano ) osservatore privilegiato dell’universo. Almeno fin qui.

Al di là delle risposte e dei significati che ognuno può e vuole darsi sul senso e la ragionedella vita, occorre prendere coscienza che (almeno) biologicamentenon siamo né al vertice né al centro del processo avviato dal primo genoma 4 miliardi di anni fa.

Nel determinarsi di nuovi mutamenti climatici, accompagnati da una drastica riduzione della biodiversità, il rischio che si corre è quello per il quale la natura cominci ad incontrare serie difficoltà nel continuare a riprodurre il patrimonio genetico e quindi di generare specie simile a quella umana.

E’ questa la ragione primaria per cui la questione ambientale non è certamente una moda ma è un cambiamento culturale radicale che richiede alla specie umana uno sforzo di ricostituzione di una coscienza individuale e che dovrà espandersi fino a inglobare l’ambiente e la biodiversità come componente essenziale della propria identità.

Quindi il pericolo maggiore per l’uomo è l’uomo stesso; per troppo tempo la narrazione che è stata fatta, ponendoci al vertice della creazione o alla conclusione del progetto evolutivo, ha celato una visione della la realtà nel suo complesso. Infatti, per molto tempo questo diffuso orientamento culturale, ha portato i più a dare per scontato di essere al centro dell’universo. Ma la realtà ormai manifesta ci mostra inequivocabilmente che ognuno di noi, nel lasso di tempo della nostra esistenza, è in grado di vedere solo parziali aspetti dell’universo mondo e ciò crea l’illusione che ciò di cui veniamo a conoscenza ed esperiamo, rappresenti uno stato di cose e di conoscenze che sono ben lontane dalla complessità nella quale siamo immersi.

Ma proprio per il privilegiato ruolo di  “osservatori dell’universo” ci impone ormai di  porsi in una posizione che consenta, attraverso gli strumenti della scienza, di abbracciare sempre di più gli infiniti aspetti della realtà.

Oggi solo il metodo scientifico, la Tecnica e la Tecnologia possono garantirci un tale percorso; la progressiva “datizzazione” del mondo  è un processo inesorabile e vitale; non si tratta di una scelta opzionabile. L’unica via è quella di una costante e continua ricerca di senso delle nostre azioni, che troveranno nutrimento dallo sviluppo e nel mantenimento di un contesto democratico. E coscienti che, sia il metodo scientifico, sia la democrazia, sono processi quasi sempre contro-intuitivi ed hanno bisogno – ancora di più oggi – di tanta energia per essere sostenuti  e tanta concentrazione intellettuale.(ancora oggi, quando si ammira l’alba o il tramonto sulla spiaggia – a meno che non si sia poeti -, dobbiamo richiamare, con un piccolo sforzo, il concetto  che  è la terra che gira intorno al sole; oppure, nel caso della democrazia, leggere qualche breve brano dell’evoluzione della vita sociale nella “polis” classica).

E il metodo scientifico è il solo ad avere  gli strumenti  per superare e correggere una visione “ingenua” del mondo e si basa sul dubbio come strumento e sull’umiltà  come atteggiamento,  e è il solo che può dare nuovo impulso al cambiamento delle relazioni umane.

Da queste considerazioni l’Europa trae la convinzione della necessità di costruire un percorso in grado di creare una etica condivisa globale, che parta comunque dalla sostenibilità sociale e soprattutto da una cultura con la quale diventa imperativa “la trasparenza” nella ricerca scientifica, frutto di un lavoro interdisciplinare e governata da tutti i portatori di interessi, quando ha come priorità “i beni comuni “ nostri e delle future generazioni.

2.500 anni fa gli antichi greci facevano riferimento alla Casa per definire l’etica e l’economia.

La parola “éthos” ( etica ) era utilizzata per indicare l’abitare una casa come ricerca di comportamenti che permettono di convivere bene, con gli altri;

mentre  la parola economia trova la sua radice in “oikos”  che veniva utilizzata per definire casa nel senso di ricchezza posseduta e da tutelare.

Nel corso della storia si è sviluppato un intreccio tra etica ed economia, con esperienze che esaltavano, ora la tutela della ricchezza e altre in cui prevaleva la convivenza illuminata e felice.

Queste due visioni, nel corso dei vari contesti storici e geografici,  hanno determinato condizioni sociali, bisogni ed economie diverse.

Oggi la questione ambientale e le conoscenze scientifiche impongono di ridefinire il concetto e, soprattutto, i confini di casa prendendo atto che l’unica Casa è quella comune, è cioè il nostro pianeta.

Questo significa l’urgenza di un nuovo statuto ontologico dovev l’economia come “ricchezza da proteggere”  e l’etica sul “come star bene insieme”, devono trovare nuova sintesi. 

Si deve partire dalla convinzione che la difesa della nostra ricchezza passa dal mettere in sicurezza la casa comune riducendo le cause che potrebbe danneggiarla o distruggerla (basta pensare ai danni economici che stiamo sperimentando dovuti alla pandemia e alle guerre o agli effetti dei mutamenti climatici);

e lo star bene insieme  è la convinzione che la complessità della questione ambientale può essere risolta solo se saremo in grado di sviluppare una cultura comune che vada al di là degli schieramenti di razza, religione e politica, promuovendo la costituzione di una “sovra comunità di destino”.

La sostenibilità ambientale può essere affrontata solo con la sostenibilità economica e sociale, ci dice l’Europa; ma anche la nostra Costituzione.

Anche la Chiesa, con Papa Francesco, nell’enciclica  Laudato si e in quella Fratelli tutti, riprendendo i risultati che la scienza ci mette a disposizione esorta in questa direzione.

Il tema quindi è come produrre ricchezza economica consumando e producendo con il minor impatto ambientale possibile e nel contempo dando lavoro e ruolo sociale al maggior numero di persone.

Come consumare meno materia e più valori è lo scenario futuro per dare più lavoro  e più lavoro qualificato.

In questo contesto l’I.A artificiale è già ora uno strumento centrale per questa nuova fase che potrà contribuire in modo risolutivo alla costituzione di una unica comunità di destino.

La Ragione, in questa fase della sua storia, prende quindi coscienza della complessità che ci è dato osservare e affrontare in seguito alla velocità e alla quantità delle conoscenze (scientifiche) da essa prodotta e della velocità e della quantità delle innovazione tecnologiche e quindi sociali, economiche e politiche che ne derivano.

Una Ragione cosciente dell’insufficienza che l’intelligenza biologica non è più in grado di abbracciare e gestire la massa d’informazioni che oggi la Tecnica e la Tecnologia ci mettono a disposizione e quindi, impossibilitata nel riuscire a gestire i risultati. La nuova missione è quella di sviluppare un mutamento culturale tale  per cui, grazie alla I.A. si possa giungere a dispiegare lo sguardo su una vastità di dati che oggi non siamo in grado di abbracciare da soli e sui quali sviluppare una riflessione di senso, in un contesto di ricerca permanente.

La creazione e l’utilizzo dell’I.A. comporta nuove sfide per il futuro sulla integrità mentale e relazionale della gente, ponendo nuovi interrogativi giuridici ed etici.

In particolare sulla integrità mentale, la sempre più avanzata interconnessione tra l’intelligenza biologica e quella artificiale può determinare, se gestita da singole aziende “profit” che utilizzano algoritmi chiusi e non trasparenti, la manipolazione del paleo cervello rendendoci consumatori compulsivi e così, per molti versi, non più cittadini ma solo consumatori.

Ma la questione ambientale, la difesa della biodiversità e quindi la nostra sopravvivenza hanno bisogno di una umanità convinta di costruire razionalmente un destino comune condiviso di sopravvivenza, che utilizzi l’integrazione della intelligenza biologica ed artificiale, garantendo la continuità della coscienza individuale e relazionale come valore intangibile.

Solo in questo contesto, fatto di uomini liberi, che condividono la necessità di costruire una comunità di destino  infatti, si può utilizzare correttamente il metodo scientifico e la democrazia.

Questi sono i riferimenti scientifici e le riflessioni etiche che sono alla base degli indirizzi europei della Next generation.

Nel contempo il livello politico, nella maggior parte dei paese europei, in rappresentanza degli interessi dei cittadini si è dotato di un codice etico con il quale gestire le modalità di somministrazione.

Tale modello, con l’utilizzo del metodo scientifico in un ambiente democratico è probabilmente l’unico che abbiamo per meglio prevedere e interpretare il futuro.

Di fronte a tale complessità le singole aziende ed i singoli consumatori non possono essere lasciati soli.

L’Europa su queste basi, per la prima volta, vuole modificare il mercato, con un massiccio finanziamento sia al mondo produttivo, sia modificando la struttura della domanda e promuovendo un ruolo più centrale delle agenzie, istituzioni e alle associazioni dei consumatori in coerenza con questi valori morali alimentando lo sforzo per definire il suo futuro.

Coinvolgendo in un percorso comune tutti i protagonisti di questo nuovo fronte di mutazione storico culturale,  sarà possibile rendere più accessibile, comprensibile e quindi, prevedibile, l’orizzonte verso il quale si incammineranno le società, le nazioni, gli stati e i mercati.

Vincere/con-vincere

I bi-sogni sono il doppio dei sogni

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