Certezza, prevedibilità, controllo da parte di una scienza esatta e dalle promesse illimitate dominano l’immaginario e le aspettative dei pazienti. Una terapia, un trattamento, uno stile di vita sono considerati secondo una logica tutto o nulla, o efficaci o inutili. Le persone ragionano infatti in termini di nessi causali lineari e rigidi, modulati dall’esperienza quotidiana, espedienti cognitivi che permettono di giungere in maniera pragmatica alla soluzione del problema col maggior risparmio di tempo e di energie. I media inoltre offrono ai cittadini una enorme offerta informativa che, pur essendo spesso criticabile, tende a sovrastare quella dei professionisti della salute. I progressi della medicina sono descritti in modo trionfale e i risultati negativi come frutto degli errori dei medici. In medicina l’abilità a tollerare l’incertezza è invece essenziale. Il dubbio accompagna sempre il medico nel suo agire quotidiano, anche se spesso la sua importanza è sottorappresentata e le conseguenze se non ignorate almeno sottovalutate[1].
La stessa diagnosi di malattia è spesso dubbia, raggiungibile con difficoltà, anche dopo ricoveri e numerosi accertamenti, mentre per il paziente è ritenuta frutto di un percorso logico che dovrebbe consentire sempre una risposta, un trattamento. In realtà le malattie sono create per convenienza operativa, non esistono come tali in natura. Si tratta di costruzioni mentali, artificiali, modificabili. Le soglie di normalità e di intervento di parametri come glicemia, colesterolo e pressione arteriosa sono cambiate, arbitrariamente e spesso discutibilmente, nel corso degli anni, e accompagnate da inevitabili incertezze nella pratica quotidiana.
La pandemia da SARS-CoV-2 ha agito da catalizzatore delle incertezze e delle difficoltà della medicina, risultate evidenti anche agli occhi dei cittadini, disorientati di fronte ai dubbi e alle diverse indicazioni non solo dei politici ma anche degli stessi scienziati che cercavano di fornire risposte anche in mancanza di dati certi. Sono numerosi gli esempi di trattamenti e raccomandazioni che via via hanno fornito speranze in seguito rivelatesi inefficaci.
I fenomeni biologici, variabili da persona a persona, sono intrinsecamente correlati all’incertezza, mentre la scienza medica ha storicamente avuto un approccio prevalentemente di popolazione, privilegiando, soprattutto in ambito farmacologico, la risposta del “paziente medio ideale” rispetto al caso particolare. I risultati sono stati complessivamente di grande valore, anche se ogni giorno milioni di persone assumono farmaci che hanno, nel loro caso, scarsa o nessuna efficacia, mentre sono esposti al rischio di eventi avversi.
Un tempo valeva la regola “Medicus non accedat nisi vocatur “ (il medico non varchi la soglia se non è chiamato): il paziente, in base alla sintomatologia avvertita, decideva di recarsi dal medico. Oggi è il medico che stabilisce chi deve curarsi, in un passaggio sempre più sfumato dalla clinica alla preclinica, dalla cura del malato alla cura del sano. Qualcuno si è chiesto se il sano non è in fondo soltanto “uno che non ha fatto abbastanza esami”.
Numerose incertezze si associano ai check-up e anche agli screening oncologici, in particolare il rischio di sovradiagnosi, definita come “attribuzione a una persona di un’etichetta di malattia o di anomalia che non avrebbe recato alcun danno a quella persona anche se non fosse stata scoperta, creazione di nuove diagnosi attraverso la medicalizzazione di esperienze di vita ordinaria o espansione di diagnosi esistenti attraverso l’abbassamento delle soglie o dei criteri di malattia, senza evidenza di un miglioramento degli esiti”.
Le nuove tecnologie digitali, in particolare smartphone, smartwatch e in genere i dispositivi indossabili, in grado di rilevare diversi parametri biologici (frequenza cardiaca, respiratoria, saturazione di ossigeno, temperatura corporea, pressione arteriosa, glucosio, onde cerebrali, ecg) e di fornire informazioni sullo stile di vita (attività fisica, sonno, alimentazione, calorie consumate), possono accentuare il fenomeno della sovra diagnosi e il livello di incertezza della pratica medica. Tali sistemi di misurazione, implementati dalle applicazioni della intelligenza artificiale, possono infatti procurare dati di flusso dinamici, istantanei, minuto per minuto, giornalieri, settimanali, in grado di migliorare il monitoraggio delle patologie, rendere più efficienti i processi decisionali ma anche di realizzare una sorta di “screening” digitale per la diagnosi precoce (o la predizione del rischio di) numerose patologie quali l’Alzheimer[2], il Parkinson[3] o l’autismo[4].
I segnali ottenuti dai device possono rilevare anche misure di sensazioni comprese da sempre soltanto attraverso la lente della soggettività, come il tono dell’umore, l’attività cognitiva[5] e in futuro l’attività neuroendocrina[6], che rischiano di finire anch’esse etichettate come malattie per il fenomeno dell’over-selling[7]. La possibilità di oggettivare l’effettiva realtà delle percezioni del paziente consente di attribuire al sintomo la dignità di segno e al paziente l’attendibilità e la veridicità di quanto descrive[8].
L’accesso diretto del paziente ai parametri biologici e comportamentali e la possibilità di acquisirli in maniera indipendente e autonoma, con software in grado di interpretarli e di fare diagnosi accurate, permette una partecipazione attiva e responsabile delle persone al proprio processo di cura o al mantenimento dello stato di salute, il cosiddetto patient digital empowerment. L’interazione tra device e paziente è peraltro molto complessa, la semplice lettura dei dati senza riflessione critica può soddisfare soggetti ansiosi o perfezionisti, ma aumentare fenomeni negativi quali l’ eccessiva confidenza nell’auto-monitoraggio e nelle diagnosi “fai da te” con un falso senso di fiducia dei pazienti oppure, all’opposto, la preoccupazione, fino ad una vera e propria ipocondria digitale, in un contesto di sempre maggiore incertezza e confusione, ad esempio per le aspettative riposte dai cittadini nella tecnologia.
Conclusioni
Il medico non ha la sfera di cristallo. Alla fatidica domanda “Dottore…cosa succederà ?” deve rispondere con sincerità, dicendo che purtroppo è molto difficile fare previsioni che possono rivelarsi sbagliate[9]. E’ essenziale una condivisione positiva dell’incertezza, variabile inevitabile, che non deve essere occultata o combattuta attraverso per esempio la cosiddetta medicina difensiva, ma accettata e affrontata come occasione di confronto con il paziente, per arrivare ad una condivisione delle scelte. E’indispensabile dunque la negoziazione, frutto della relazione tra un medico con le sue conoscenze scientifiche, ma anche i dubbi e le incertezze, e un paziente in teoria esperto di se stesso, dei suoi disturbi, delle sue preferenze, desideri, aspettative, ma purtroppo sempre più a rischio di essere espropriato delle proprie percezioni. La conoscenza di se stessi sta infatti diventando vera solo in quanto oggettivabile. Gli accertamenti, sempre più sofisticati, anziché strumento di conoscenza di cui valutare l’utilità, stanno diventando oggetti di conoscenza “in sé”, rischiando di perdere il loro significato originale, sia per il paziente che per il medico.
[1] Hatch S. Uncertainty in medicine. BMJ 2017; 357: j2180doi:10.1136/bmjj2180
[2] Artificial intelligence could be ‘game changer’ in detecting, managing Alzheimer’s disease: Study introduces machine learning as new tactic in assessing cognitive brain health and patient care — ScienceDaily
[3] Detection of early Parkinson’s disease with wavelet features using finger typing movements on a keyboard – Archive ouverte HAL (archives-ouvertes.fr)
[4] AI Predicts Autism From Infant Brain Scans – IEEE Spectrum
[5] Collecchia G. Neurotecnologie e neurodiritti digitali: la privacy mentale. Recenti Prog Med 2021; 112: 1-4
[6] Parlak O KS, Marais A, Curto VF, Salleo A. Molecularly selective nanoporous membrane-based wearable organic electrochemical device for noninvasive cortisol sensing. Sci Adv 2018; 4:eear2904.
[7] Alderighi C, Rasoini R. Sovradiagnosi: esito non inatteso degli eccessi in medicina. https://ilpunto.it/sovradiagnosi-esito-non-inatteso-degli-eccessi-in-medicina/
[8] Collecchia G. Le tecnologie digitali e la medicalizzazione della vita. https://ilpunto.it/le-tecnologie-digitali-e-la-medicalizzazione-della-vita/
[9] Rossi R.L.: Zona d’ombra. Dubbi ed incertezze in medicina Il Pensiero Scientifico Edit. Roma 2022
Ho apprezzato molto il contenuto dell’articolo sulla medicina basata sull’incertezza, argomento che condivido pienamente e su cui anch’io ho scritto in passato, anche se non specificatamente ma nel contesto delle malattie neurodegenerative Particolarmente centrato e condivisibile appare questo argomento ai nostri giorni in cui i successi delle tecnoscienze appaiono sempre più vorticosi e sembrano amplificare i sensi di onnipotenza del medico e l’angoscia del paziente nei confronti degli inevitabili insuccessi terapeutici di tante situazioni cliniche. Ancora una volta appare in proposito essenziale salvaguardare la relazione medico/paziente, basata sulla fiducia e sull’accurato, e difficile, bilanciamento tra beneficialità e autonomia. Mi complimento sinceramente con l’autore per le sue puntuali considerazioni e per la grande capacità di sintesi
Scusandomi per il ritardo ringrazio per i complimenti